Premio Letterario Internazionale di Narrativa e Poesia "Giorgio La Pira"

Il mondo di oggi ha bisogno sempre più di persone che sappiano “convertire in investimenti di pace gli investimenti di guerra, trasformare in aratri le bombe, in astronavi di Pace i missili di guerraGiorgio La Pira

sabato 22 luglio 2017

Editoriale di mons. Giordano Frosini uscito sul settimanale "La Vita"

Un invito urgente all’intero mondo cattolico


In un momento di grande confusione politica e di latitanza del pensiero sociale cristiano, è troppo rivolgere a tutti l’invito a ritornare sui propri passi, a giudicare con estrema franchezza il danno che si sta consumando sotto i nostri occhi, con le evidenti e innegabili responsabilità della comunità cristiana, che sembra avere dimenticato gli orientamenti di un passato fecondo e luminoso che ormai rimane alle nostre spalle? È tempo di riprendere in mano il ricco materiale tramandatoci dalla tradizione, con tutto l’apparato di riflessioni, di orientamenti, di propositi elaborati dal magistero periferico e centrale della chiesa, dai teologi di ogni continente, dai politici di ispirazione cristiana. Dimenticare tutto questo è stata una vera e propria follia che ha danneggiato non solo la chiesa ma l’intera società. Coloro che per ragioni di ufficio hanno fatto la raccolta di questo immenso materiale hanno riempito gli scaffali delle loro biblioteche di documenti, pubblicazioni, progetti, esortazioni, direttive, a cui purtroppo fa oggi riscontro la povertà di un raccolto misero e striminzito che soltanto i ciechi non riescono a vedere. L’eredità che stiamo raccogliendo è quella di un popolo sparpagliato e senza punti di riferimento che nemmeno sembra rendersi conto di quanto sta avvenendo intorno a lui e dentro di lui.

Se guardiamo all’Europa, non possiamo che ricordare con rammarico gli ideali che hanno ispirato e guidato statisti cattolici di grande levatura, quali Alcide De Gasperi in Italia, Konrad Adenauer in Germania, Maurice Schuman in Francia, da considerarsi veri e propri padri dell’Europa contemporanea, valorizzavano in chiave moderna una storia dominata dai valori e dagli ideali di una grande civiltà cristiana. Dove è finito il loro insegnamento e la loro testimonianza? In Italia, con la fine della cosiddetta unità politica dei cattolici, un’esperienza che non poteva durare in eterno, sembra quasi che sia venuta meno quell’ispirazione cristiana che invece doveva guidare il pensiero e l’azione dei cattolici. Sono rare le luci che rimangono accese in un mondo ormai dominato dagli egoismi pubblici e privati e dalle ideologie neoliberiste, ormai accettate più o meno supinamente da tutti. E quei pochi che ancora rimangono non riescono a trovare un seguito significativo e convinto. E intanto le povertà aumentano, la disoccupazione non cala, i pochi miglioramenti che pure si registrano non convincono ancora un’opinione pubblica manifestamente delusa e scontenta. In questo clima rarefatto, politici autenticamente cristiani cercansi, mentre crescono idee e movimenti che di cristiano hanno poco o nulla. C’è di che battersi il petto.

Uno dei più incisivi documenti del magistero sociale della chiesa, l’Octogesima adveniens di Paolo VI, dopo aver tracciato magistralmente i compiti dei cristiani nella città degli uomini, concludeva con un invito pressante all’azione, purtroppo più attuale che mai. Fra l’altro, ripetendo quanto era stato già detto in precedenza nell’enciclica Populorum progressio, segno evidente che l’appello era già  caduto nel vuoto: “È a tutti i cristiani che noi indirizziamo, di nuovo e in maniera urgente, un invito all’azione. Nella nostra enciclica sullo sviluppo dei popoli, noi insistevamo perché tutti si mettessero all’opera: ‘I laici devono assumere come loro compito specifico il rinnovamento dell’ordine temporale. Se l’ufficio della gerarchia è d’insegnare e di interpretare in modo autentico i principi morali da seguire in questo campo, spetta a loro, attraverso la loro libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive, di penetrare di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della loro comunità di vita’. Ciascuno esamini se stesso per vedere quello che finora ha fatto e quello che deve fare… È troppo facile scaricare sugli altri le responsabilità delle ingiustizie, se non si è convinti allo stesso tempo che ciascuno vi partecipa e che è necessaria la conversione personale”.

A tutti, gerarchia e laicato, si impone un atto di umiltà e di riconoscimento delle proprie colpe e trascuratezze. La prima conversione necessaria riguarda le proprie convinzioni, perché purtroppo l’esperienza passata e recente ci mostra con dolorosa chiarezza che in molti, in troppi, perfino in coloro che appartengono alle categorie dirigenziali del corpo della chiesa, non c’è la persuasione della bontà, della bellezza, della necessità, della superiorità di un pensiero sociale derivante dai principi fondamentali della rivelazione cristiana, rispetto ad altre fonti di pensiero che, se appartengono alla moda del giorno, non hanno in sé né la forza né la garanzia di verità che per il credente ha l’eterna parola di Dio trasmessa e conservata nella chiesa. È a questa che appartiene il diritto di giudicare le scelte pratiche del cristiano, anche di carattere sociale e politico. La pretesa di sottoporre  a giudizio, in nome di ideologie estranee e perfino contrarie, il pensiero della chiesa è una vera e propria aberrazione da non prendere nemmeno in considerazione. Eppure questo è successo nel passato e succede tuttora, pure nell’attuale riemergere delle ideologie estremiste, troppo presto date definitivamente per scomparse.

Il pluralismo politico dei cattolici in politica va certamente salvaguardato, ma nei limiti imposti da queste ragioni costitutive e fondamentali. C’è un pluralismo legittimo e un pluralismo illegittimo: il pluralismo è soltanto nell’applicazione dei principi, i principi non appartengono alla libera scelta, ma si impongono indistintamente a tutti. Il momento delicatissimo che stiamo attraversando impone a tutti una vigilanza estrema perché non si ripetano errori del passato. La via da seguire è quella già percorsa dai nostri predecessori nel momento della rinascita della democrazia nel nostro paese. Le ideologie fallite disastrosamente nel nostro passato non hanno nessun diritto di riemergere: la storia le ha condannate per sempre. Sarebbe veramente abnorme che esse riemergessero col contributo dei cattolici.

Le conclusioni sono facili, almeno sulla carta. Si riprenda coscienza delle responsabilità formative da parte della comunità cristiana. Ognuno in questo settore riprenda il posto che gli spetta di diritto e di dovere. Più che un impegno dei singoli, è un dovere  dell’intera comunità. Il passato ci può fornire le idee, gli schemi, le vie da seguire. I maestri, i testimoni, gli educatori sono ancora nella nostra memoria e premono con forza e dolcezza perché se ne segua l’entusiasmo e l’esempio. Un valido codice di riferimento ce lo offre ancora Paolo VI nel suo documento prima citato. Eccolo: “Pur riconoscendo l’autonomia della realtà  politica, i cristiani sollecitati ad entrar in questo campo di azione, si sforzeranno di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e il Vangelo e di dare, pur in mezzo ad un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini”.


Giordano Frosini

sabato 8 luglio 2017

Editoriale settimanale di mons. Giordano Frosini uscito su " La Vita"

Papa Francesco e il lavoro

Il tema del lavoro è sempre all’ordine del giorno. Già Giovanni Paolo II nella sua enciclica Laborem Exercens, ravvisava in esso il punto centrale dell’intera questione sociale e anche Papa Francesco, nel suo discorso del 28 maggio con i lavoratori nel porto di Genova, ha parlato di esso come di una “priorità cristiana, una priorità nostra e anche una priorità assoluta”.
Anche Romano Prodi, ha dedicato il suo ultimo libro “Il piano inclinato” al tema del lavoro a cui dobbiamo restituire valore e peso politico.
Se il lavoro è il tema di sempre, lo è in particolare oggi con il fenomeno della disoccupazione che sta crescendo anche in queste ultime ore. La visione di papa Francesco è una visione del lavoro considerato come elemento fondamentale della persona umana. “Se pensiamo alla persona senza lavoro diciamo qualcosa di parziale, di incompleto perché la persona si realizza quando fiorisce nel lavoro”. Il lavoro cambia la natura e costruisce l’uomo, nella sua intelligenza, nella sua volontà, nel suo sentimento, nella sua solidarietà. La disoccupazione è uno dei peggiori fenomeni del mondo contemporaneo.
“La persona -afferma il Papa- fiorisce nel lavoro. Il lavoro è la forma più comune di cooperazione che l’umanità abbia generato nella sua storia.” Elemento dunque di formazione personale e di realizzazione sociale.
Le deficienze attuali dell’economia del lavoro richiedono, secondo il Papa, norme di severità assoluta: un vero e proprio nuovo ordinamento sociale. Così coloro che guadagnano di più, sia nel lavoro che nelle pensioni, devono pensare a coloro che, nell’attuale situazione economica e politica, mancano del sufficiente per la loro vita e per quella delle loro famiglie, rinunciando a interessi esorbitanti che non hanno giustificazioni di sorta: una vera e propria economia sociale e di mercato, dettata dai valori dell’uguaglianza, della giustizia e della solidarietà.
Qualcuno ha sorto il naso perché il papa sembra si sia spinto troppo oltre nelle sue richieste. Vogliamo capire queste obiezioni, ma insieme intendiamo difendere il papa nelle sue affermazioni che nascono semplicemente dall’attuazione dello spirito evangelico.
Il papa ricorda che il 45% dei giovani italiani dai 25 anni in giù, non hanno lavoro. Un dramma nazionale che deve scuotere le coscienze, in particolare dei cristiani. Il dovere del sindacato è quello di pensare alla giustizia, tutti insieme. “È il momento che i più ricchi si abituino a rinunciare ai diritti che l’economia liberistica ha fissato per i loro guadagni. C’è bisogno di una conversione generale: fate anche voi un passo in meglio nel vostro lavoro, perché sia migliore.”
La voce del papa si è fatta fioca per le sue ripetizioni e incide profondamente sui problemi sociali dell’umanità. La cosa più drammatica è che i primi a non ascoltarla sono i cattolici che, da tempo, hanno messo l’insegnamento sociale della chiesa nel dimenticatoio. Siamo estremamente preoccupati per il futuro del nostro paese, se non si ricorre ai principi sociali della chiesa, i soli che possono garantire un futuro migliore. Non c’è bisogno di essere né contenti, né scontenti dei risultati delle ultime elezioni. C’è soltanto da preoccuparsi di quanto sta accadendo intorno a noi, per la mancanza di pensiero sociale della chiesa, e per il fatto che riemergono gli eterni mali della nostra società, insidiata più di sempre dall’egoismo e da una certa rinascita delle ideologie totalitarie, di destra e di sinistra. Il grido di allarme deve risuonare dovunque: il papa indica la strada che il popolo cristiano deve portare a compimento.

Giordano Frosini