Premio Letterario Internazionale di Narrativa e Poesia "Giorgio La Pira"

Il mondo di oggi ha bisogno sempre più di persone che sappiano “convertire in investimenti di pace gli investimenti di guerra, trasformare in aratri le bombe, in astronavi di Pace i missili di guerraGiorgio La Pira

Dibattito Democratico



11/06/2020

Artista al tempo del Covid 19

Genesi - La speranza, aprile 2020, olio su tela

Sono passati pochi mesi da quando la nostra vita si sviluppava sugli alti e bassi  di quella normalità che da sempre diamo per scontata, e nessuno di noi poteva immaginare quello che ci aspettava e come avrebbe stravolto i nostri comportamenti, le nostre abitudini, la vita.
Abbiamo vissuto il lockdown, una condizione inimmaginabile prima del 2020, abbiamo letto e assimilato migliaia di informazioni sul Covid per scoprire che di Coronavirus ne esisteva già una vasta famiglia, ma a noi quello che ha cambiato l’esistenza è il 19. 

Come ben sappiamo le conseguenze sono state enormi sotto tutti punti di vista e in ogni settore, dall’economia alle attività produttive, dalla vita sociale alla cultura e tutte ne hanno risentito enormemente. Anche il mondo dellarte ha subìto un colpo gravissimo, le mostre in programma sono state cancellate, sigillati tutti i musei.

Personalmente, come artista, ho dovuto annullare le mie attività espositive, con la speranza che possano essere riprogrammate in futuro. Internet e i media sono stati gli unici strumenti per condividere arte e diffondere eventi di alto valore etico e artistico come Global Art Project for Peace, un progetto al quale anche io ho preso parte. Nato ventotto anni fa negli USA come evento biennale, e giunto quest’anno alla 14° edizione, il Progetto di diffondere Pace attraverso l’arte non si è fermato per il Covid, ha comunque unito artisti da tutto il Pianeta contribuendo allo scambio di opere che per un mese intero, a maggio, hanno “abbracciato” il mondo portando il messaggio di Pace per il quale sono state create. Il dramma della pandemia ha fatto crescere nelle persone e nelle comunità l’interesse verso l’arte e la cultura, sicuramente nella solitudine la cultura è un legame che unisce e l’arte un conforto che dà sollievo e speranza.

Durante il lockdown, nel silenzio del mio studio, ho lavorato tanto. Ho sperimentato il mio isolamento facendo esperienza di un tempo dilazionato e il cinguettio degli uccellini, ben distinguibile dall’assenza di auto, mi ha fatto compagnia per un periodo così lungo e incredibilmente produttivo. In quei giorni pensavo che, paradossalmente, dal punto di vista ambientale, mentre gli esseri umani si “riguardavano” per proteggere la propria salute o morivano soffocati in una sala di rianimazione, la Terra è tornata a respirare. Ho riflettuto tanto su questa circostanza e mi sono venuti in mente i notiziari che in autunno non mancavano di riportare ogni giorno notizie catastrofiche sulla salute del Pianeta. Gi incendi in Amazzonia, in California e in Australia, gli orsi polari alla deriva su coriandoli di ghiaccio, un inverno così tiepido da farci scordare l’emozione della neve in città. Il Pianeta ci stava urlando di fermarci e se è vero che esiste una correlazione fra la diffusione del virus e l’impatto ambientale, non possiamo evitare di riflettere sull’importanza di azioni che proteggano l’ambiente partendo proprio dal ruolo che ognuno dovrebbe avere in questo impegno. Da queste riflessioni sono nate le opere realizzate in questo periodo, dipinte con la speranza che ciò che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo ci abbia insegnato qualcosa.

Le immagini degli animali che si appropriavano delle nostre città, le meduse nei canali di Venezia e i delfini sempre più vicini alle coste ci hanno riavvicinato a quel mondo che spesso ci dimentichiamo di custodire e allora nei miei lavori la Natura è diventata la protagonista, insieme alle giovani vite a cui lasceremo in eredità il Pianeta. In ogni dipinto ho sentito di rappresentare la speranza che cova in tutti noi mantenendo uno sguardo sempre vigile e attento sul futuro.

Così, alternando l’attività artistica al quotidiano impegno scolastico, praticato con la didattica a distanza in qualità di docente del Liceo Artistico di Pistoia, ho condiviso emozioni e creatività anche con i miei studenti ricevendo da parte loro impegno, responsabilità e affetto.

Arte e creatività come armi contro la solitudine e la tristezza e ora, che la riapertura ci fa riavvicinare ad una vita più simile alla normalità, è tempo di tornare a respirare bellezza, quella bellezza che si respira nelle sale di un museo o di una galleria ma anche davanti ai monumenti artistici e storici delle nostre città, bellezze a volte ignorate ma che ci sono tanto mancate quando non potevamo più goderne.

                                                                                                                                   Rossella Baldecchi



28/05/2020

Un 23 Maggio con poche luci e molte ombre



Sono già passati ventotto anni dal quel 23 Maggio 1992, dal cruento attacco allo stato e alle sue istituzioni che fu l’attentato al magistrato antimafia Giovanni Falcone sull’autostrada A29 nei pressi di Capaci. Quel giorno oltre a Falcone persero la vita sua moglie Francesca Morvillo (anche lei magistrato) e gli agenti della scorta Vito SchifaniRocco Dicillo e Antonio Montinaro. I feriti furono 23.

Il lavoro svolto da Giovanni Falcone assieme all’amico e collega Paolo Borsellino tra gli anni ’80 e inizi anni ’90, con il “Pool antimafia” ideato da Rocco Chinnici, è servito a far luce sull’organizzazione mafiosa e a contrastarne i meccanismi interni rivelando inoltre un tessuto di relazioni e infiltrazioni sociali e politiche senza precedenti.

In questi ventotto anni sono successe molte cose e si sono attraversate varie fasi della lotta alla criminalità organizzata, periodi bui alternati a raggi di luce con numerosi arresti importanti che hanno più volte contribuito a destabilizzare la “cupola” (leggi anzitutto l’arresto di Salvatore Riina del 15 Gennaio 1993).

A che punto siamo oggi? Qual è la situazione ereditaria lasciataci da Falcone, Borsellino e da Antonino Caponnetto che guidò dal 1983, dopo l’assassinio di Chinnici, il famigerato Pool antimafia chiamando i due magistrati a svolgere quel coraggioso e delicato compito?

Ce lo spiega Salvatore Calleri in un post dello scorso 23 Maggio sul suo Blog.
Salvatore Calleri è nato a Catania nel 1966 e vive sin da piccolo a Firenze. Laureato in giurisprudenza nel 1991 ha conosciuto Antonino Caponnetto con il quale ha collaborato fino al 2002, anno della sua morte. E’ esperto di lotta alla mafia, analista nel campo della sicurezza e della criminalità organizzata internazionale e presidente della Fondazione Caponnetto e consigliere della Fondazione Pertini.

“La mafia vive di segnali – commenta Calleri - ed oggi che si ricorda Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e la sua scorta quali sono i segnali che vengono mandati? Pessimi, questa è la verità.”

Proseguendo nella sua disamina sul momento storico in atto, con la pandemia ancora in corso,  aggiunge una considerazione riguardante il quadro politico-sociale: “Il 41 bis viene ammorbidito. Le interdittive antimafia prefettizie così come gli scioglimenti dei Comuni per mafia vengono messi in discussione. La mafia che con la pandemia sta facendo affari d'oro non è al primo posto tra i problemi del paese. I pro mafia abbondano. I mafiosi vengono scarcerati, anche se la cosa ora sembra si sia interrotta. Una trattativa riaffiora con le rivolte carcerarie. Il mascariamento impera (mascariare può essere riferito in italiano al calunniare con il fine di delegittimare una persona, tecnica dei mafiosi per screditare chi li combatte “n.d.r.”).
La magistratura appare purtroppo in una crisi che potrebbe essere senza ritorno.
Un magistrato come Sirignano massimo esperto europeo di agromafia viene tolto dalla DNA e quindi de facto isolato.”

Le conclusioni alle quali poi si arriva dopo questa analisi purtroppo non sono buone, anzi appaiono pessime: “Non è proprio un bel 23 maggio. Il periodo è il più buio da 30 anni a questa parte.
Si può ripartire in modo efficace solo se cesseranno tali nefasti segnali.”

C’è ancora molta strada da fare per arrivare ad un solido stato di legalità e c’è bisogno ancora di seguire la strada tracciata da Giovanni Falcone per non perdersi o confondersi nelle trappole che la criminalità organizzata ci lancia costantemente in maniera sempre più sottile. Sta a tutti noi non concedere spiragli e opportunità in cui la mafia possa insinuarsi, vigilando con rigorosità su tutte la parti della nostra complessa società contemporanea. Che i prossimi 23 Maggio siano più solari di quelli passati.

                                                                                                                                       Marco Gasperini


21/05/2020

Karol il Grande
Nel centenario della nascita di Papa Wojtyla


Il 18 maggio di quest’anno ricorre il centenario della nascita di Karol Wojtyla, il primo Papa non italiano nella storia recente della Chiesa, salito al soglio pontificio il 16 ottobre 1978 con il nome di Giovanni Paolo II, e tornato alla Casa del Padre il 2 aprile 2005,dopo una lunga e sofferta malattia, vissuta come testimonianza del significato profondo del dolore nella vita dell’uomo. Papa Wojtyla  ha lasciato una traccia indelebile nella Chiesa, nel mondo e nel cuore degli uomini, come hanno testimoniato i quattro milioni di persone accorse a Roma per rendergli l’estremo omaggio: i potenti della terra, i giovani da lui tanto amati, fedeli di ogni parte del mondo.  

Al grido di “Santo subito!” quella folla immensa chiedeva il riconoscimento delle straordinarie virtù cristiane ed umane di questo Papa forte e sapiente, appassionatamente devoto di Cristo e di Maria ,aperto al dialogo fra le religioni, profondamente impegnato per i diritti e la dignità di tutti i popoli;  e così il 27 aprile 2014, a seguito anche del riconoscimento da parte della Chiesa di una miracolosa guarigione attribuita all’intercessione di Giovanni Paolo II, egli veniva proclamato santo da Papa Francesco.                       

In occasione del centenario della sua nascita, il Centro Studi “Giuseppe Donati “ di Pistoia intende offrire a questo indimenticabile Pontefice l’omaggio di un commosso e reverente ricordo, e nel contempo stimolare la valorizzazione nella comunità del patrimonio spirituale  che da lui abbiamo ricevuto in eredità, attraverso la sua testimonianza infaticabile, entusiasta e sofferta, di come si possa vivere l’esperienza cristiana senza paura, aprendo, anzi spalancando le porte a Cristo, secondo una sua celebre esortazione. Per questi motivi intendiamo con questa pagina promuovere nella comunità una riflessione sull’opera di Karol Wojtyla, sui diversi aspetti e significati del suo pontificato e della sua intera esistenza, attraversata da cambiamenti di portata storica, quali la caduta dei regimi comunisti nella sua amata Polonia e in tutti i paesi dell’Est Europa, e da eventi sconvolgenti, quali l’attentato subito in Piazza San Pietro nel 1981, cui fece seguito il perdono dell’attentatore da parte del Papa. Auspichiamo quindi lo sviluppo di un dialogo sui valori di cui Giovanni Paolo II è stato straordinario testimone ed esempio.

                                                                                                                         Marina Zampolini Agnoli

09/05/2020
Morte di uno statista e di un uomo.


Il 9 Maggio 1978 il corpo dell’Onorevole Aldo Moro viene ritrovato all’interno del portabagagli di una Renault 4 rossa in via Caetani nel centro storico di Roma, da quel giorno l’Italia non sarà più la stessa.

Il sequestro del Presidente della Democrazia Cristiana, ad opera di un gruppo armato delle Brigate Rosse, durò 55 giorni a seguito di un agguato in via Fani in cui morirono i membri della scorta. Questo tragico fatto ha segnato un’epoca e rappresenta una della pagine più oscure e ancora ricca di misteri della storia della nostra giovane Repubblica.

Molto si è scritto e moltissimo si è detto fino a oggi, libri e film hanno raccontato sia la versione ufficiale che le tante teorie sul caso, alcune veramente al limite del fantastico. Ancora oggi se ne discute e puntualmente esce fuori qualcuno che asserisce di aver scoperto la verità sull’intera faccenda o di conoscerne elementi nuovi in grado di ribaltare la versione della storia ufficiale.
Certo ancora molti sono i punti poco chiari e le cose da ben collocare, tutto ha i contorni di un giallo il cui finale resterà sempre sospeso a mezz’aria.
In concreto sono stati ben cinque i processi istituiti, più una ricca serie di altri procedimenti e inchieste giudiziarie.

Al di fuori di quei tragici 55 giorni possiamo dire che Aldo Moro fu uno statista illuminato, dotato di lungimiranza e senso di responsabilità verso i cittadini. L’Italia e il bene del popolo furono sempre al centro del suo interesse. Nella sua immagine politica Moro desiderava dar vita ad un governo di larghe intese e di unità nazionale, tendendo la mano ai “nemici” storici del Partito Comunista (concetto all’avanguardia e emblema di un pensiero alto, capace di superare divergenze e preconcetti). L’idea di dar vita a un governo di unità nazionale in un periodo di crisi sociale e politica della penisola, allargando il “compromesso storico” già realizzato con il Partito Socialista al Partito Comunista di Enrico Berlinguer (altro uomo politico dalle larghe vedute), fu senz’altro un atto di coraggio ma anche di consapevolezza. Moro capì forse per primo che per far crescere il paese in una rinnovata unità nazionale c’era bisogno di decisioni condivise e del sostegno delle forze politiche maggiormente rappresentate in parlamento, massime espressioni della volontà popolare.

Una visione così moderna del mondo certo non poteva piacere a tutti e soprattutto venne vista con sospetto da quelle due realtà che all’epoca si contrapponevano con forza, separate dalla “Cortina di ferro”: Stati Uniti e URSS.
Questo modello politico senz’altro non poteva avere il gradimento di tutti quelli che in quel preciso periodo storico credevano e speculavano nella contrapposizione tra il crescente capitalismo occidentale e le roccaforti comuniste orientali. In siffatto quadro bisogna dunque leggere tutto quello che accadde in quel cupo 1978 e in generale durante i famigerati “anni di piombo” che fra la fine degli anni sessanta e i primi anni ottanta caratterizzarono l’Italia.

A distanza di tento tempo, al netto dell’enorme risonanza di tutto il caso e delle varie implicazioni politiche e sociali conseguenti, rimane soprattutto il dramma vissuto da un uomo e dalla sua famiglia il quale si inserisce in un ambito nazionale di un paese ancora alla ricerca d’identità dopo la fine della seconda guerra mondiale.

 Marco Gasperini


30/04/2020

Dika e Sgueglia: idee a confronto



Storie simili ma idee diverse. Accomunati dall’impegno e della voglia di portare avanti i valori in cui credono, e dalla loro passione per la cosa pubblica.
Bernard Dika è un giovane studente di giurisprudenza all’Università di Firenze impegnato da anni in politica nelle fila del centrosinistra. Ha iniziato il suo percorso come rappresentate d’istituto nel Liceo Statale Niccolò Forteguerri di Pistoia per poi essere eletto Presidente del Parlamento Regionale degli Studenti della Toscana. Nel 2016, Bernard ha ricevuto l’onorificenza di Alfiere della Repubblica per le lotte studentesche da lui promosse.
Gabriele Sgueglia è studente di scienze politiche presso l’Università di Firenze e dal giugno 2017 è Consigliere comunale della città di Pistoia per Fratelli d’Italia. Rappresentate d’istituto nel Liceo Scientifico “Amedeo di Savoia”, è stato eletto come presidente della Consulta Provinciale degli Studenti e dopo aver concluso il percorso scolastico ha fondato un’associazione politica giovanile nella città di Pistoia.

Spesso, erroneamente, l’attività politica viene associata ad un sistema fatto per adulti in cui i giovani hanno poco spazio e non si ritrovano. In questo senso, la classe dirigente del paese quali misure dovrebbe adottare per attirare maggiormente il loro interesse e coinvolgimento?
G: Nessuna. I sistemi, soprattutto quelli politici, sono per natura auto conservativi. Sarebbe ipocrita credere ad un programma culturale di avvicinamento dei giovani alla politica voluto dai “vecchi”. Preferisco pensare una generazione che rivendica il diritto di decidere sul proprio futuro senza attendere elargizioni improbabili.
B: Potrà sembrare banale ma se molti giovani si sentono lontani dal mondo della politica è responsabilità della cattiva politica. Quando i nostri genitori avevano la nostra età l’Italia fu scossa da “Tangentopoli”. I partiti erano quasi tutti composti da qualche corrotto. Troppo spesso i grandi ci hanno spinto a starne lontani senza capire che l’unico modo per rendere la Politica una cosa bella e utile per tutti e non per pochi è di praticarla cercando di essere migliori di coloro che critichiamo giornalmente.
Ecco cosa dovrebbero fare i più grandi: dare il buon esempio, ascoltarci più che parlarci e soprattutto aiutarci a conoscere il mondo in cui viviamo. Quattro giovani su cinque non sanno niente della guerra fredda e dei difficili rapporti odierni tra Usa e Russia né tantomeno di conflitto israelo-palestinese per non parlare del percorso di costruzione europea o delle nuove potenze di India e Cina. Come può un giovane impegnarsi a migliorare un mondo che non conosce? Nelle scuole si insegni tutta la storia del ‘900, un secolo che è un mistero per molti, troppi, di noi.

Condividi l’operato del governo? Secondo te, avrebbe dovuto adottare contromisure diverse? 
B: Difficile giudicare chi ha dovuto gestire l’emergenza più dura della storia della Repubblica. Sicuramente poteva fare meglio come d’altronde tutti noi avremmo dovuto far meglio. Se guardiamo al nostro territorio dobbiamo evidenziare l’irresponsabilità dei tanti che scelsero l’8 Marzo scorso di recarsi alle piste sciistiche di Abetone quando il virus aveva varcato già da giorni i confini del nostro paese. Tra loro ahimè anche alcuni autorevoli rappresentanti delle istituzioni locali. Ecco più che un giudizio sul passato mi auguro che il Governo nazionale sappia ben condurre il percorso di ripresa del Paese a seguito di questa drammatica emergenza. Sono e saranno sempre di più le famiglie in difficolta, non possiamo permetterci di lasciare nessuno indietro.

G: Il governo ha dimostrato una lentezza dannosa per le categorie produttive del paese, assolutamente meno comprensibile del disordine in cui è caduto il mondo sanitario italiano, obiettivamente colto di sorpresa da una pandemia di portata inizialmente inaspettata. Più che discutere su quali contromisure mettere in campo, specie per l’economia, l’urgenza a questo punto è imboccare una strada, qualsiasi essa sia.

In prospettiva futura, su quali settori e tematiche dovrebbe concentrarsi l’operato del governo della nostra Regione?
G: La Toscana, prima della pandemia, era in ritardo su decine di progetti di ammodernamento del territorio: ambiente e trasporti su tutto. Dopo questo disastro non si renderà necessaria la semplice e buona ordinaria amministrazione (che già mancava), ma servirà un piano di rilancio che punti a difendere gli asset strategici della regione, impedendo la “fuga” di ricchezze dal territorio e rendendo tutte le nostre province iper-competitive sul mercato turistico, devastato dal coronavirus. Epidemia o no, siamo il posto più bello del mondo. È un bel punto di partenza…

B: Infrastrutture, infrastrutture e infrastrutture. Girando l’Italia e la Toscana mi sono reso conto come gli investimenti più importanti arrivano sui territori che sono ben collegati con strade e autostrade degne di questo nome, con treni e aeroporti che consentono il facile spostamento di mezzi e persone ma anche di infrastrutture tecnologiche con reti internet all’altezza dell’era digitale che viviamo. Se non vi sono infrastrutture non vi saranno investimenti e quindi posti di lavoro. In Toscana le più importanti aziende si affacciano tutte su A11 e Autostrada del Sole costeggiate rispettivamente dalle linee ferroviarie più servite della regione. Dovremmo potenziare i nostri porti incentivando il trasporto dei container su ferro diminuendo la presenza dei camion sulle strade perché non potrà esserci sviluppo e progresso possibile se non sarà sostenibile ambientalmente.

In questi giorni l’Unione europea è al centro del dibattito pubblico. In merito a questo, come si stanno muovendo le istituzioni internazionali? 
B: Non possono essere varate mezze misure. Dovremo fare “whatever it takes” come disse Mario Draghi nel 2012 perché il Coronavirus interessa tutti i Paesi anche se in questo momento colpisce con particolare durezza quelli del Sud. Una situazione di emergenza eccezionale richiede rimedi eccezionali, “soluzioni innovative” come ha ben evidenziato Papa Francesco. Vediamo però che alcuni Paesi del Nord vorrebbero, più o meno velatamente, approfittare della crisi finanziaria incombente per arricchirsi e cambiare gli equilibri di potere in Europa. 
L’Unione Europa è al giro di boa: o si ridurrà a una mera associazione strumentale di egoismi nazionali o dovrà rendersi più forte. Non è l’Europa che non ha senso di esistere. È questa Europa che non va bene. Il punto sta nel ricostruirla, dando più potere ai cittadini con istituzioni elette e non scelte dai governanti di turno. Il Parlamento lo è ma non ha i poteri che meriterebbe. La Commissione è principalmente scelta dai governi degli stati e resta scacco di questi ultimi. E anche questa volta ne abbiamo avuto la dimostrazione.
Il Coronavirus dovrebbe averci aperto gli occhi: muri, confini e fili spinati non servono, il mondo è come una grande famiglia dove se non condivideremo i beni, di qualunque tipo, saremo costretti a condividerne i mali, di qualunque tipo.

G: L’Europa si trova per la prima volta a dover dimostrare in maniera forte e inequivocabile la sua autorevolezza. Per adesso le misure ipotizzate sono insufficienti: non solo per rilanciare l’economia continentale, ma per giustificare, più in generale, la permanenza del nostro paese nell’unione. Spero in una inversione di tendenza, ma ci credo poco.

Con la situazione che si è creata, la vita di ogni cittadino è cambiata radicalmente. Questo è successo anche per gli studenti, i quali hanno dovuto concludere i loro programmi di studio utilizzando piattaforme per la didattica a distanza. Può essere l’opportunità per una svolta tecnologica nel settore della scuola e dell’Università?
G: Si. Le svolte veramente epocali avvengono per necessità e non per decreto. Uno dei pochissimi aspetti positivi di questa situazione estraniante è che il mondo dell’istruzione si è trovato costretto a muovere i suoi primi passi nel terzo millennio. E, volente o nolente, si sta muovendo. Per fortuna.

B: Il Coronavirus ha costretto il mondo della formazione italiana a spostarsi sulle piattaforme per la didattica online. Per decenni ci siamo scontrati con personale scolastico miope che non ha mai avuto il coraggio di far utilizzare in classe gli strumenti che la tecnologia ci offriva. Quando torneremo nelle scuole e nelle università si abbia la forza di non disperdere quanto imparato in questa emergenza. La tecnologia può aiutarci a far emergere le potenzialità nascoste di molti giovani che spesso non riescono ad esprimere con gli strumenti classici di una scuola italiana troppo spesso ancorata a modelli passati. 


Francesco Niccolai

23/04/2020
Covid-19: l’impatto dell’epidemia sull’economia


Abbiamo parlato di questo argomento con un pistoiese d'eccellenza: Luca Gelli. Luca ha seguito il prestigioso percorso di studi in World Bachelor in Business, un programma di laurea in 4 anni, al termine del quale gli sono stati riconosciuti 3 titoli di laurea internazionali conseguiti rispettivamente presso: la Marshall School of Business della University of Southern California (USC) di Los Angeles, la Hong Kong University of Science and Technology (HKUST) di Hong Kong e l’Università Commerciale Luigi Bocconi. 

Luca quale sarà l’influenza economica dell’Unione europea sugli Stati membri? 
Durante le recenti crisi economico-finanziarie del 2008 e del 2012 molte delle istituzioni che compongono l’EU hanno ricoperto un ruolo fondamentale nel mantenimento degli equilibri diplomatici ed economici all’interno del Vecchio Continente. Sebbene queste crisi abbiano avuto un impatto significativo nelle vite di ognuno di noi, il punto focale della problematica era incentrato nella compromissione dei meccanismi finanziari, con un impatto inevitabile sull’economia reale. In risposta a queste criticità, l’Unione Europea ha fatto leva su tutti gli strumenti finanziari a propria disposizione per riassestare il sistema bancario e rilanciare l’economia. La situazione economica attuale è molto diversa dalle crisi precedenti, poiché nasce da una drammatica contrazione dell’economia reale, con impatti diretti su tutti i settori produttivi. In questo contesto, l’Unione Europea non potrà esimersi dal ricoprire un ruolo ancora più diretto nell’economia degli Stati Membri. Sarà essenziale portare avanti una risposta coordinata per il contenimento del virus colta alla ripresa delle attività quotidiane, oltre alla predisposizione di una serie di stimoli economici comprensivi, che possano garantire una rapida ripresa, specialmente nei settori maggiormente colpiti (e.g. turismo).

In quali settori si avranno maggiori opportunità di sviluppo dopo la crisi economico-finanziaria?
In una nota più positiva, l’attuale emergenza potrebbe rappresentare un punto di svolta per le imprese italiane. La necessità di “gestire a distanza” il proprio business sta rivelando quanto essenziale sia la tecnologia per le imprese e l’intera filiera ITC potrebbe risultare l’oggetto di importanti investimenti nei prossimi anni. Un impatto simile si potrebbe avere anche nel mondo della robotica e dell’automazione per le imprese del settore secondario e primario. Un settore non meno impattato sarà il mondo dell’healthcare: le persone porranno molta più attenzione a quelli che saranno i nuovi prodotti e servizi per la loro cura e per quella dei propri cari (e.g. gli anziani).

Quale fenomeno, nel corso della storia, si può paragonare alla crisi Covid, per conseguenze sociali ed economiche? 
La complessità della nostra società moderna rende difficili i paragoni con pandemie del passato o con più recenti crisi economiche. Siamo testimoni, a mio avviso, di un evento sostanzialmente unico nel suo genere. Sebbene la prontezza e la professionalità degli operatori del settore sanitario abbiano significativamente rallentato la diffusione del virus, lo stato di “distanziamento sociale” in cui persone in tutto il mondo si trovano non ha precedenti e porterà a conseguenze sociali e psicologiche difficilmente prevedibili. L’economia stessa vive uno stato transitorio che vede tutti i settori e tutte le imprese impattate da una situazione di quasi completa immobilità. Nel bene e nel male, stiamo scrivendo una pagina di storia. Spetta a ognuno di noi fare del nostro meglio per supportare chi ci sta a fianco.

Possiamo considerare la crisi Covid come un’occasione per ripensare al futuro in ottica sostenibile? 
Come evidenziato dalle Nazioni Unite in un recente studio, esiste una forte correlazione tra la diffusione di virus e batteri e l’impatto ambientale dell’essere umano (e.g. deforestazione, emissione di gas serra, etc.). Questo momento di difficoltà, portato dalla diffusione del Covid-19, deve diventare un momento di riflessione sul ruolo che ogni singolo individuo ricopre nella salvaguardia dell’ambiente e della propria comunità, ponendo maggiore attenzione ai prodotti che acquistiamo e a quello che richiediamo dalle nostre istituzioni.

In che misura e in che modo le nuove generazioni potranno supportare la ripartenza? 
Le generazioni più giovani avranno un ruolo essenziale nella ripartenza alla fine di questo momento difficile. In un mondo post Covid-19, in cui ancora persisterà la paura del contagio, ricadrà sulle spalle dei più giovani ristabilire un sentimento di normalità e quotidianità. Dal momento in cui le autorità riterranno passato il pericolo, saranno le nuove generazioni ad uscire, esplorare e sperimentare nel nuovo mondo che si presenterà davanti a loro.

Matteo Zelari

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