Premio Letterario Internazionale di Narrativa e Poesia "Giorgio La Pira"

Il mondo di oggi ha bisogno sempre più di persone che sappiano “convertire in investimenti di pace gli investimenti di guerra, trasformare in aratri le bombe, in astronavi di Pace i missili di guerraGiorgio La Pira

Memoria storica per Aldo Moro



"Memoria storica" hanno intitolato Giovanni e Giampiero Bassi questo memorial al più tragico, forse, evento della vita democratica della nostra repubblica, memorial voluto dal "Centro Studi Donati": l'assassinio di Aldo Moro e dei cinque uomini della scorta; e forse non ci son termini tanto carichi di valenze (e cari agli autori), quanto questi due di "memoria" e "storia": "memoria storica", quindi, come titolo di una progettazione.
E' stato detto monumento dell'anti-retorica, ed in parte è giunto se infatti a "retorica" (purificandola dei senso dispregiativo) si da' il significato di una tumultuosa iterazione contemplativa fatta di continuo presente, inadatta a noi che contemplativi non siamo più, (di fronte ad un monumento chi più si ferma?), come non siamo più presenti a noi stessi (l' "attentio" di S. Agostino!) impegnati in una successione di eventi che si addizionano nel nostro futuro senza attesa.
Ed è così che l'opera di Bassi invece che come presenza si pone come "durata", come tempo di una sperimentazione, come architettura.

Ma prima di tali discorsi è necessaria la descrizione dell'oggetto o meglio del "processo". Si trova su di un lato della chiesa di S. Francesco; ci si stacca dal suolo storico della città con tre gradini che immettono in una passerella, noi protagonisti, al di sopra di un manto erboso, isolati fra due rivoli d'acqua mentre cinque lembi levigati di cinque pietre interrate portano incisi i nomi di uomini della scorta uccisi; in fondo un grande blocco piramidiforme di marmo rispecchia, come dal cielo, su di un piano inclinato una frase dello statista.
Qui, girando, attraversiamo sulla destra la tabula che ricorda i 55 giorni della prigionia come un rosario di pietre murato a terra con razionale lucidità, sulla sinistra una collezione a rilievo di testate di quotidiani usciti in quel tragico giorno; dopo di che ci chiama con prorompente tenacia il secolare ulivo donato dalla città di Maglie.

Poetica del percorso, quindi, perché questo è il linguaggio dell'architettura, del percorso però che in questo caso non ha alcuna funzione, alogico rispetto ai nostri, basati sull'ergonomia; anzi percorso che ci obbliga ad una peregrinazione, all'esperienza del viandante. Ed anche qui ad ogni uomo accade, in quanto è viandante, "di conoscere luoghi in cui egli vive insieme il presente e il passato... in cui l'oggi è insieme se stesso ed una realtà remota" perché ha memoria, "la memoria, garanzia di durata per il presente, riscatto contro l'effimero che angustia il presente e gli fa sentire l'ambascia della precarietà... ricevendo insieme la carica di attesa, la tensione verso un futuro".

La passerella è simile al ponte, vero "luogo" del transitare, accentuato dalla presenza dell'acqua che col suo scorrere è immagine spaziale del tempo stesso.
Al di là dunque della spazialità reale è sottintesa una metaspazialità dove ogni forma è cristallizzazione di un tempo metafisico, dove le relazioni esteriori diventano relazioni della nostra interiorità. Lo spazio non è più messaggio geometrico, ma rappresentazione estensiva del tempo della tragedia, simultaneamente datoci come passato, presente e futuro.
Percorrendo vuol dire prolungare le sensazioni dalla storia, nel presente perché formino una sintesi con le future. Così l'avvenimento che qui si ricorda non è "come un non-più della presenza temporanea, ma come un di-più" che si carica alla nostra esperienza: è memoria.
(Che mai possa venire quel "tempo smemorato" che si scandalizza della storia come quello che R. Assunto ha interpretato nel "Nuovo Mondo" di Huxley e che sembra pervadere l'espansione territoriale programmata!).

Spazio della memoria vuol dire organizzare la materialità del tempo secondo una geografia, e Bassi ce la propone componendo la temporalità come storia (il percorso, le testimonianze, la cronaca) e la temporalità come natura (l'olivo, l'acqua, i colombi) entrambe cariche di tensioni premonitrici. Memoria e futuro secondo un binario caro a Bassi.
Infatti la natura nel suo rinnovarsi ripete in forme sempre nuove e identiche il passato dove "il passato del ricordo è insieme il futuro dell'attesa, ed il futuro è ritorno, come il passato è novità", "nella natura la memoria è aspettazione, l'aspettazione è memoria".

Se da una parte l'acqua come specchio-memoria, porta nella finitezza dello spazio l'infinito della temporalità, i colombi, che ricordo amorevolmente Bassi fotografava nella gestazione di questa opera vicino alla fontanella di Piazza S. Francesco promettendo loro più vasta soddisfazione, sono altro ingrediente del tempo memoria-futuro, sono "un presente in movimento, che di continuo attira a se il futuro e lo conserva in sé come passato".

Se la memoria della natura ci dà la certezza che il suo futuro viene dal passato, la memoria della storia non è sufficiente a garantirci questa continuità perché oggi impera il tempo smemorato della civiltà industriale, un tempo continuamente consumato, che non è "durata"; soprattutto quest'amarezza ci coglie allorché lasciamo questo "spazio magico", e dopo l'olivo, un autobus con la sua protesi plastica smagliante scansa a malapena un operaio a cui nessuno ha parlato del "plusvalore" della contemplazione.

Se a qualcuno questa presentazione risulterà un po' nebulosa, ricorderò quanto raccomandava Boulèe agli architetti: "Che essi si guardino dal lasciarsi trascinare in spiegazioni di ordine razionale, poiché l'espressione che una immagine ha sui nostri sensi si intiepidisce quando ci soffermiamo sulla causa che produce questo effetto. Volersi spiegare i propri piaceri, significa impedirsi di vivere sotto il loro dominio, impedirsi di gioirne, impedirsi di vivere".