Premio Letterario Internazionale di Narrativa e Poesia "Giorgio La Pira"

Il mondo di oggi ha bisogno sempre più di persone che sappiano “convertire in investimenti di pace gli investimenti di guerra, trasformare in aratri le bombe, in astronavi di Pace i missili di guerraGiorgio La Pira

venerdì 22 agosto 2014

DENTRO LA SOCIETA’ CIVILE, PER CAPIRNE LE PROBLEMATICHE


di Enzo Cabella                               
Il Centro Studi Giuseppe Donati dedica ormai da oltre trent’anni una giornata per la pace, la solidarietà e la cultura, nel nome e nel ricordo di Giorgio La Pira. E’ una giornata di intensa riflessione, più che mai doverosa in tempi così difficili, drammatici e incerti. Gli anni che stiamo vivendo sono di una crudezza inaudita, anni di guerre (anche fratricide), anni di miseria che rendono l’uomo schiavo di situazioni anche tragiche, anni dominati da crisi economiche di cui non s’intravede la fine. La crisi in Medio Oriente tra Israele e Palestina con una enorme e ininterrotta serie di migliaia di morti, per la maggior parte bambini, donne e anziani, lascia sconcertati e sgomenti. Il conflitto tra ebrei e palestinesi non è purtroppo il solo nel mondo: c’è  quello tra Russia e Ucraina per la Crimea, c’è la ‘pulizia’ religiosa degli Jihadisti islamici nel nord dell’Iraq con massacri di bambini e migliaia di cristiani in fuga, c’è l’instabilità politica in Afghanistan con sempre più frequenti attentati terroristici dei Talebani, c’è la violenza in Siria, ci sono l’estrema povertà e le malattie in Africa, i continui sbarchi di extracomunitari a Lampedusa, gente disperata di cui una parte muore in mare, vittima degli scafisti. Non ultima la crescente crisi della famiglia con uccisioni di donne, bambini e genitori anziani. Il mondo sta male, sta attraversando un presente drammatico e pericoloso e con futuro senza una benché minima certezza. E’ un mondo pieno di raccapriccianti problemi, e gli Stati più ricchi e potenti poco o nulla fanno per trovare soluzioni per risolverli. Papa Francesco continua a lanciare appelli accorati ai potenti del mondo di attivarsi per far cessare le guerre e per aiutare la gente disperata, che non ha più nulla, né cibo, né medicine, né casa, né una minima protezione. Gente che vive nell’indigenza e nella povertà più assolute, che non sa più a chi chiedere aiuto, mentre migliaia di bambini muoiono per la fame e le malattie.
Il Centro Studi presieduto da Giancarlo Niccolai è stato costituito nel 1974 per ricordare e sviluppare quei valori che Giuseppe Donati, direttore del giornale Il Popolo e fiero antifascista, ha perseguito e difeso con fierezza durante tutta la sua vita: il dovere morale dell’intransigenza, l’autonomia di nuove vie di cultura politica e di civile convivenza, la dignità della persona, la povertà e la sofferenza. Donati era convinto che solo facendo ricorso al dialogo di tutti coloro che sono impegnati, a vario titolo e responsabilmente, nella società civile si può far conoscere la libertà, la giustizia e combattere ogni forma di guerra e violenza. Formare una coscienza laico-cristiana per affermare la pace, la solidarietà e la cultura nel mondo: sono questi i valori universali cui si è ispirato Giuseppe Donati, cui è intitolato il centro studi. Sono gli stessi valori che hanno pervaso tutta la vita di Giorgio La Pira, del quale Niccolai da oltre trent’anni cerca di tramandare, con una giornata dedicata alla pace, alla solidarietà e alla cultura, la memoria e lo spirito, di rendere attuale il suo illuminato insegnamento.
GIORGIO LA PIRA. Era un uomo di azione politica e sociale, che ha sempre cercato il dialogo tra le nazioni e preso iniziative come uomo di pace, tenace e instancabile avversario della guerra, pronto e disponibile ad aiutare poveri e bisognosi. Uomo di profonda fede cristiana, ha sempre distinto la politica dalla religione e in ciascuna di esse ha saputo distinguere le peculiari caratteristiche e gli obiettivi da raggiungere. Anche nella sfera politica, specie quand’era sindaco di Firenze, La Pira prese posizioni e iniziative che tenevano conto della morale cristiana e dei valori dell’uomo, che non deve pensare solo a se stesso ma anche agli altri, nel contesto in cui vive e lavora. Deve saper dialogare, aiutare chi ha bisogno, partecipare all’opera di sostegno, aiuto e solidarietà per coloro che ne sono privi. E’ chiaro che la solidarietà tra gli individui, tra i popoli e le nazioni porta inevitabilmente alla pace, che è l’aspirazione massima dell’uomo. La Pira era un uomo alla continua ricerca del dialogo, costantemente impegnato a favore della pace e della solidarietà, beni che sono strettamente legati alla cultura, a quelle fondamenta morali che un uomo, un popolo, deve possedere per costruirvi sopra le proprie convinzioni, il proprio credo, la propria dignità e personalità. E’ così che le decisioni di un governo o di un uomo politico devono essere prese e accolte solo se c’è una solida base  morale, se c’è un’etica da perseguire e mettere in pratica, se ci si confronta con culture diverse dalle proprie. E’ più che mai attuale, quindi, il pensiero di La Pira: è necessaria una integrazione tra le culture del mondo, cercando in ognuna di esse ciò che può unire ed essere condiviso. Ci sembrano giuste ed azzeccate le definizioni che qualcuno ha dato di lui: ‘luminare della politica e della cultura del Novecento italiano’, ‘ambasciatore di pace’.
CONVEGNI E DIBATTITI.  Il Centro Studi  Donati, grazie all’intraprendenza del suo presidente, si è costantemente distinto nell’opera di divulgazione dei valori perseguiti e difesi da Giorgio La Pira. Molti sono stati i convegni e i dibattiti organizzati, che hanno richiamato studiosi e personalità non solo di Pistoia e della Toscana ma provenienti da tutta l’Italia e dall’estero. E’ doveroso ricordare i seminari su temi più disparati: ‘L’Italia nel mondo’, ‘I  Diritti dell’uomo’, ‘Le nuove prospettive per la questione cattolica’, ‘Moro e Berlinguer tra Stato e società’, ‘De Gasperi, Donati e don Minzoni’, ‘Chiesa e Stato’, ‘Legalità in Italia e nel mondo’ e tanti altri ancora di importanza storica e culturale. Come è giusto ricordare due date storiche che sono scritte a lettere cubitali nella vita del ‘Centro G. Donati’: 10 giugno 1978, l’istituzione del premio di narrativa e poesia intitolato a Giorgio La Pira, che ha acquistato in pochi anni un’importanza nazionale e internazionale e che ha visto la partecipazione di scrittori e poeti di tutto il mondo; 13 maggio 1979, l’inaugurazione della memoria storica dell’assassinio di Aldo Moro e della sua scorta, monumento collocato a fianco della chiesa di S. Francesco a Pistoia, al quale ogni anno le autorità provinciali e regionali rendono omaggio e che vuol ricordare a tutti, e non solo in quel giorno, uno degli eventi più tragici del secolo scorso.
ILLUSTRI PERSONALITA’ PREMIATE
In altra pagina di questa rivista è riportato l’elenco dei personaggi che sono stati premiati durante la giornata internazionale della Pace, della Solidarietà e della Cultura. Sono personalità di livello mondiale, che si sono adoperate per difendere quei valori primari della società civile che si ispirano a Giuseppe Donati e a Giorgio La Pira. Politici, religiosi, studiosi, scrittori, giornalisti, militari ma anche associazioni di vario tipo che ogni anno Giancarlo Niccolai, con paziente e determinata ricerca, riesce ad invitare a Pistoia per ricevere un premio che rende onore a quanti hanno fatto e stanno facendo per creare un mondo migliore.

giovedì 21 agosto 2014

Pierino Gelmini


Piazza Duomo Pistoia: Il Presidente del Centro Studi "G. Donati", Giancarlo Niccolai, mentre consegna il cavallo da lavoro per la comunità "Incontro" sull'Aspromonte


Il saluto del Centro Studi “G. Donati” a Pierino Gelmini, eroe della lotta alla droga.
Protagonista coraggioso e controverso.
Ha aperto 164 comunità in tutto il mondo e ospitato circa trecentomila giovani.
Il Centro Studi “G. Donati” lo ricorda con commozione nei suoi numerosi incontri con i giovani Pistoiesi.
Nel 1992 gli fu conferito, in occasione della Giornata Internazionale della Pace, il Premio della Solidarietà in ricordo di Giorgio La Pira.
Nel 1995 il Centro Studi “G. Donati” gli fece dono di un cavallo da lavoro per la sua comunità sull’Aspromonte.

ALCIDE & PALMIRO, vite contrapposte

Da Avvenire – Agosto 2014

Il nuovo libro di Giuseppe Sangiorgi, giornalista e segretario generale dell'Istituto Sturzo, non è una biografia di Alcide De Gasperi in senso tradizionale, ma un'opera che illustra come e quanto il segno lasciato dello statista trentino abbia influenzato la storia del cattolicesimo politico in Italia e, di conseguenza, la storia nazionale. Nel suo De Gasperi. Uno studio (Rubettino, pagine 230, euro 15,00), infatti, Sangiorgi, più che ripercorrere cronologicamente le tappe della biografia umana e politica di De Gasperi, mescola con perizia storia, cronaca e testimonianze spesso inedite e si sofferma sigli snodi, sugli incontri e sugli scontri, sulle zone di scambio e di reciproca influenza tra lo statista trentino e altri protagonisti della Democrazia Cristiana, del Partito Popolare, della Chiesa e della politica italiana ed europea. Sangiorgi conduce per mano il lettore alla scoperta della dimensione religiosa degasperiana, dalla quale discendono con naturalezza le altre: quella familiare, raccontata anche attraverso la voce delle figlie e, infine, quella pubblica, Come scrive l'autore, l'intento di questo libro è di contribuire a farlo «scendere dal piedistallo di marmo» sul quale De Gasperi è stato (sia pure tardivamente) innalzato dalla storiografia, non certo per disconoscerne i meriti che sono e restano altissimi.
Ma per renderlo più «normale», più «raggiungibile», più vicino a noi, non un personaggio cristallizzato, distante e inaccessibile, ma un modello di vita cristiana per tutti, un esempio di santità e moralità ancora oggi vivo e vivificante. (G.Gra)



GIUSEPPE SANGIORGI

Diversissimi per nascita, storie familiari e formazione, De Gasperi e Togliatti sembravano due personaggi destinati a non incontrarsi mai. La sorte ha incrociato invece le loro vite, facendone i protagonisti avversari di tutto il tumultuoso periodo della storia italiana che va dall'epilogo del fascismo alla nascita della democrazia repubblicana. Plutarco nelle sue Vite Parallele li avrebbe collocati fra i ricostruttori o gli statisti come Epaminonda e Scipione, Temistocle e Camillo. 
Anche se con ruoli contrapposti, De Gasperi e Togliatti sono stati tra gli artefici della rinascita del Paese dopo le devastazioni belliche e lo sfacelo compiuto dal regime mussoliniano. Di De Gasperi come abbiamo visto è in atto il processo di beatificazione. Di Togliatti, Ercole Ercoli, questo era il suo nome durante la Resistenza, è in corso un processo di revisione storica per verificare quanto la sua «doppiezza» fu reale e quanto, oltre alla rivoluzione comunista, egli amò anche l'Italia: 
«Io scrivo vite non storie», diceva Plutarco. Di De Gasperi e Togliatti più volte è stata raccontata la storia ma non la vita. La storia ce li mostra come protagonisti politici, personaggi incastonati nei palazzi del governo e del potere, o negli scontri di piazza e nei tumulti ma pur sempre avvolti nella loro dimensione pubblica. La vita ce li restituisce come due uomini appassionatamente innamorati delle loro donne: della moglie Francesca e della compagna Nilde Iotti. 
«È l'amore che ci domina, ci unisce, ci fonde in uno. Io ho un grande temperamento fisico e un grande temperamento spirituale. Del primo tu senti la stretta, quando le mie braccia si stringono attorno al tuo bel corpo, del secondo tu hai la sensazione quando ti guardo e quando ti parlo...». In questa lettera alla moglie, il severo statista trentino si scioglie come un emulo di Catullo. 
Con Nilde Iotti Togliatti lascia alfine la sua apparente freddezza e impenetrabilità. Per questa donna il segretario comunista si era separato dalla moglie Rita Montagnana. E Nilde Iotti, giovane e avvenente deputata, a trovarsi accanto 
a lui quando nel primo pomeriggio del 14 luglio 1948 a Roma, a due passi da Montecitorio, rimane ferito in un attentato. Amante era una parola proibita alle orecchie puritane dei comunisti dell'epoca. Alla lotti per di più si rimproverava di non essere una vera rivoluzionaria e di aver studiato alla Cattolica.
Togliatti affrontò grandi incomprensioni per i suoi sentimenti, e più di lui tali incomprensioni sfidò lei, costretta a essere all'inizio una convivente segreta. 
Nel 1922 lui e De Gasperi erano i leader del movimento popolare e di quello comunista. Costretti all'esilio, ripararono 
ciascuno nella capitale della propria chiesa, De Gasperi.in Vaticano dal 1929 e Togliatti a Mosca dal 1926. Alla caduta del regime sono tornati alla guida delle loro formazioni. Sono stati capi indiscussi come nessun altro dopo di loro è riuscito a essere. In cinque anni, dal 1943 al 1948, l'Italia è passatadal fascismo alla democrazia, dalla monarchia alla repubblica, dalla guerra civile alla pacificazione, dallo Statuto albertino alla Costituzione, dalla soppressione delle elezioni al suffragio universale, dal partito unico al pluralismo, dall'isolamento internazionale all'alleanza coi Paesi occidentali. In tal modo il Paese faceva i passi da gigante della ricostruzione.
De Gasperi ha lottato per tutto questo, Togliatti ne ha osteggiato le scelte di politica interna e di politica estera, anche se in cuor suo sapeva bene che gli accordi di Yalta del febbraio 1945 avevano collocato l'Italia a Ovest e non a Est dello scacchiere mondiale. Il 18 aprile del 1948 si affrontarono in una battaglia elettorale che avrebbe segnato il futuro del Paese. L'Italia di quegli anni era percorsa da tensioni e da passioni civili e politiche oggi impensabili. Togliatti poteva 
contare sulla macchina organizzativa più potente che un partito avesse in tutta l'Europa occidentale: un esercito di due milioni di iscritti, 36 mila cellule, una galassia di cooperative rosse, sindacati, sezioni di partito. 
I comunisti si presentavano alle elezioni con i socialisti di Pietro Nenni formando insieme il Fronte Popolare. Sulla carta, in base ai risultati delle elezioni per la Costituente di neppure due anni prima la maggioranza era loro. 

L'esercito di De Gasperi era formato dai fedeli che affollavano le migliaia di parrocchie italiane, dai 300 mila volontari dei Comitati Civici costituiti da Luigi Gedda, da una quantità di cooperative bianche, congregazioni, associazioni cattoliche, ordini religiosi, confraternite. De Gasperi aveva con sé la Chiesa di Pio XII e la paura del comunismo, al quale contrappose la scelta democratica: fu 
questa la proposta vincente. 
Lo scontro elettorale. si polarizzò intorno alle loro figure e alle loro personalità. 
Il mite, severo, religioso De Gasperi diventò astuto e agguerrito per fronteggiare il suo freddo rivale, che aveva alle spalle una scuola chiamata Stalin. Se uno è stato il padre della Patria, l'altro paradossalmente vi ha contributo con le 
sue resistenze. Ciò significa che entrambi sono nel Pantheon della nostra storia solo con una differenza di quote? 
«Ora c'è la tendenza ad accostarli - reagisce la figlia maggiore di De Gasperi, Maria Romana - ma io non sono d'accordo. La patria di Togliatti non era l'Italia, quelladi mio padre si». «Certo era obbedientissimo a Mosca», aggiunge 
Giulio Andreotti, il quale fa poi una serie di distinguo sul ruolo di Togliatti: «Era un personaggio duro, dava poca confidenza alle persone, ma non appena arrivò in Italia cambiò la linea del partito alla ricerca di un modus vivendi con la monarchia finché il fascismo non fosse abbattuto e poi collaborò perché il passaggio istituzionale avvenisse senza traumi». 
Giuseppe Vacca, storico e direttore dell'Istituto Gramsci, il 18 agosto 201I ha tenuto a Pieve Tesino una lectio magistralis intitolata «De Gasperi visto dal Pci». 
In tal modo ha restituito la relazione con la quale nel 2004 Renato Moro, a un convegno del Gramsci e dell'Università Roma Tre, aveva svolto un tema speculare:
«Togliatti nel giudizio del mondo cattolico». Nell'affrontare il tema, Vacca ha riconosciuto che «la percezione della figura di De Gasperi da parte dei comunisti italiani risulta molto meno ricca e variegata di quella di Togliatti da parte del mondo cattolico». 
 Il rinvio è all'immagine dello statista trentino che era stata delineata dal segretario del Partito comunista in un ampio e severo scritto in sei puntate pubblicato su «Rinascita» tra il 1955 e il 1956, intitolato «È possibile un giudizio equanime sull'opera di Alcide De Gasperi?». Questo scritto ha influenzato a lungo i sentimenti della base comunista nei confronti di De Gasperi e della Democrazia cristiana. «Evidentemente il giudizio di Togliatti - commenta Vacca - risentiva di ciò che era sedimentato negli anni: Il profilo che ne disegnò è quello di un nemico piuttosto che di un avversario».
Il loro ultimo incontro avvenne nel luglio 1953, durante la crisi di governo dopo le elezioni della cosiddetta legge truffa. «Fu un incontro gelido», ricorda Andreotti che era pre sente. E gelidamente il Migliore, come Togliatti veniva chiamato dai suoi, si comportò l'anno dopo alla notizia della morte di De Gasperi: «(...] Se le notizie son vere sembra sia morto di ira al vedere come si stanno imponendo alcune delle nostre più giuste e umane proposte: distensione internazionale, pace...». Il riferimento era al fallimento delle trattative sulla Ced, la Comunità europea di difesa per la quale De Gasperi tanto si era battuto. 
Un punto in comune lo ebbero nell'amicizia di entrambi con un sacerdote, don Giuseppe De Luca, uno dei maggiori uomini di cultura e intellettuali cattolici del secolo scorso, scomparso nel 1962 a 64 anni. Fu il tramite personale del segretario comunista con il Vaticano da quando i due si conobbero a Roma, nella casa di Franco Rodano, sul finire del 1944, diventando amici. Fu don Giuseppe a suggerire a Togliatti e ai suoi nel 1961 di «farsi vivi» per gli ottanta anni di 
Giovanni XXIII. Il segretario del Pci girò il consiglio a Krusciov, il quale il 25 ottobre di quell'anno mandò al papa un telegramma di auguri, che venne subito pubblicato da «L'Osservatore Romano». Fu il primo gesto di distensione di Mosca nei confronti della Santa Sede dalla rivoluzione del 1917. Ebbe inizio così l'Ostpolitik vaticana. Nel marzo 1963 Giovanni XXIII riceveva in udienza in Vaticano la figlia di Krusciov Rada con il marito Alexiej AdjubeF. 

mercoledì 13 agosto 2014

Pensare un mondo democratico: l’esempio di Donati, Minzoni e De Gasperi.



Per il Centro Studi “Giuseppe Donati” di Pistoia Agosto è un mese per ricordare. In questo periodo dell’anno infatti sono venuti a mancare tre dei personaggi che hanno ispirato l’opera di questa onlus pistoiese dedita a portare avanti un progetto di politica democratica, di pace, cultura e solidarietà.

Infatti Giuseppe Donati, da cui il Centro prende il nome, già aderente al Partito Popolare di Don Sturzo e direttore del giornale del partito, “Il Popolo” - attraverso le cui pagine si schierò apertamente contro il regime fascista - è stata una delle figure più significative del cattolicesimo democratico italiano, costretto ad abbandonare la patria in seguito ad un’inchiesta sul delitto Matteotti, morì a Parigi nella più estrema indigenza il 16 agosto 1931.

Alcide De Gasperi, cofondatore e dirigente della Democrazia Cristiana, è un’altra figura fondamentale della politica italiana e padre dell’Europa pensata come insieme di popoli che devono convivere in pace e democrazia. De Gasperi morì il 19 agosto 1954, dopo una vita di battaglie schierandosi al fianco dei più poveri e dei disoccupati, con la sua politica di ispirazione cattolica e volta alla giustizia sociale. Grande oppositore del fascismo, fu anche imprigionato dal regime e, dopo la liberazione dell’Italia, il suo governo fu il primo improntato sull’impegno umano e politico, volto a rinnovare l’Italia di quel tempo.

Don Giovanni Minzoni rappresenta l’altra faccia dell’impegno del Centro Studi “G. Donati”, la sua figura di cappellano durante la prima guerra mondiale e di membro del Partito Popolare, impegnato in ambito sociale e per la lotta ed il disprezzo verso il regime fascista, ne hanno fatto un esempio da perseguire. Minzoni, il 23 agosto 1923, subì un’aggressione di due squadristi che lo uccisero a bastonate.

Pensare a queste figure deve essere utile, oggi più che mai, per pensare ad un mondo più democratico, ad un mondo lontano da guerre e personalismi, rivolto all’altro, al più debole e per questo il Centro Studi “G. Donati” vuol continuare a ricordarli per tenere vivo il loro esempio, le loro parole, i loro insegnamenti.


Manuel Cesarini
Responsabile comunicazione Centro Studi “G. Donati”